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15 gennaio 2013 Il cuore grande delle ragazze

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martedi 15 gennaio 2013
IL CUORE GRANDE DELLE RAGAZZE

IL CUORE GRANDE DELLE RAGAZZE         

Trama del film Il cuore grande delle ragazze:
Prima metà degli anni Trenta. La famiglia contadina dei Vigetti ha tre figli: il piccolo Edo, Sultana e Carlino, giovanotto molto ambìto dalle ragazze. Gli Osti invece sono proprietari terrieri che hanno fatto fortuna e vivono in una casa padronale con le loro tre figlie, tutte da maritare: le più attempate, Maria e Amabile, e la giovane e bellissima Francesca. Facendo buon viso a cattiva sorte, Sisto e Rosalia Osti accettano che il giovane contadino Vigetti corteggi le due sorelle maggiori con l'intento di sistemarne almeno una. Inizia un periodo di incontri con le due ragazze nel salotto di casa Osti, turbato però un giorno dall'arrivo improvviso di Francesca dalla città in cui è stata mandata a studiare.


GENERE: Sentimentale
REGIA: Pupi Avati

SCENEGGIATURA: Pupi Avati
ATTORI:
Micaela Ramazzotti, Cesare Cremonini, Andrea Roncato, Gianni Cavina, Erica Blanc, Manuela Morabito, Marcello Caroli, Gisella Sofio, Sara Pastore, lt Massimo Bonetti, Sydne Rome, Alessandro Haber, Rita Carlini


FOTOGRAFIA: lt Pasquale Rachini
MONTAGGIO: Amedeo Salfa
MUSICHE: lt Lucio Dalla
PRODUZIONE: Duea Film
DISTRIBUZIONE: Medusa
PAESE: Italia 2011
DURATA: 85 Min
FORMATO: Colore

. Un film d’altri tempi…


Amori e dolori di uno "sbagerla", di un mezzo mascalzone, mezzo perché con il filtro dei ricordi, tanto più personali, le figure si ingentiliscono e "nostro" nonno può diventare l'ex cantante dei
Lunapop. Il cuore grande delle ragazze può essere solo di Pupi Avati, per le atmosfere, l'occasione, il gusto misto dolce e cinico, la voce fuori campo, i colori dorati e le note di Lucio Dalla. Pupi, non è certo l'unico, ma è sicuro uno di quei registi di cui si può dire o lo prendi così, sempre (anche se con qualche sfumatura), o non ti piace (proprio). E penso che anche lui ne sia più che cosciente, perché in effetti il suo modo di fare cinema, con una media di uno all'anno da quarantatre, non soffre mai la pigrizia del mestiere, della direzione, della scena, semmai accusa un inceppamento a ritroso.
Quindi il film, che è il nostro argomento, prende tutto di
Avati, e trova la metà degli anni Trenta, dopo che c'erano stati i Cinquanta (lt Gli amici del Bar Margherita), i Quaranta (Il papà di Giovanna), i Venti (Il cuore altrove), la realtà contadina della campagna del centro Italia e il nonno del regista che diventa Carlino Vigetti (Cesare Cremonini). Carlino ha dalla sua l'illetterata simpatia e il fatto che piace alle donne, ma questo non basta a salvare il podere del papà mezzadro, che quindi gli chiede di scegliere una delle due illibate e bruttine figlie del padrone. Lui ci prova, un'ora al giorno, ma quando vede Francesca (Micaela Ramazzotti) perde la testa, piange e ribalta il piano del padre, lei si inebria del suo alito di biancospino e ricambia subito celebrando le nozze.
Si vede che è amore a prima vista quello di Carlino per Francesca, ma soprattutto quello di
Avati per il tempo che fu, la sua giovinezza (in questo caso quella del nonno), la sua gente bolognese e il sesso senza malizia; è quell'amore a prima vista che ti fa colorare i grigi, divertire le tristezze e anche non pensare ai motivi di un trentottesimo racconto, che tuttavia funziona. Cremonini ci mette spontaneamente la sua nostalgia e la sfrontatezza un po' cialtrona che confina in poesia, Micaela la romanità veracissima di una bella donna che ti fa ridere. Il cuore grande delle ragazze, sarebbe quello di sopportare gli uomini libertini, di essere donne, mamme e seduttrici affidabili (da cui i mariti tornano sempre dopo l'amante di turno). Perché il sesso si faceva, tanto, molto più a quel tempo, ma non si analizzava. L'amarcord di Pupi ha qualche piccolo dramma senza contorni cupi, che lo avrebbero intristito e non è il momento, ha una cocciuta e tenera Ramazzotti che vuole il suo povero ma bello (prima e buona prova).
Il cuore del film è la famiglia rurale di un tempo che Pupi scruta con gli occhi a fessura e ci restituisce com'era e come vorrebbe fosse stata. Questo è un altro mattone del suo premuroso rifugio poetico che danza sui quei ritratti, poco approfonditi, ma buffi, romantici e pungenti. Così la ragazza dalle trecce chilometriche per voto, le suore, le anziane devote, gli uomini in preda agli istinti e le graziose smaliziate. Tutti, nei ricordi fiabeschi e furbeschi di quelle radici del primo Novecento che si (ci) porta dentro. La nostalgia, ancora, qui è un gioco.
Giulia Pietrantoni

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